Verso la fondazione del Terzo Settore

Verso la fondazione del Terzo Settore
Da vent’anni mi occupo del settore non profit, ho già visto nascere, operare e morire l’Agenzia del Terzo settore presieduta dal Prof. Zamagni, ora nella nuova riforma del terzo settore spunta un nuovo soggetto
l’IRI DEL
 TERZO SETTORE

Una fondazione di partecipazione mista pubblico-privata che possa contribuire alla razionalizzazione e alla modernizzazione degli interventi a carattere sociale nel nostro Paese.

Riporto in proposito un articolo apparso sul Sole 24 ore il primo novembre 2015

L’Iri del Terzo Settore prende forma. Il 12 marzo del 2014, il presidente del Consiglio Matteo Renzi segnò uno dei punti della sua comunicazione politica presentando, in una conferenza stampa a Palazzo Chigi, le 34 slide intitolate «La svolta buona». La terzultima riguardava il Terzo Settore. Laconicamente annunciava «Un fondo per non toccare il fondo. 500 milioni. Fondo per le imprese sociali». Tredici parole e una cifra che hanno mandato in fibrillazione il composito ed eterogeneo mondo del non profit italiano, dove si mescolano volontariato duro e puro (a volte, con tratti residuali quasi di strada) e professionalità selezionate da percorsi formativi classici, governance formalizzate e desiderio di conservare un senso di verginità primigenia. Un mondo insieme vitale e contraddittorio, segnato spesso da personalità forti al limite del narcisismo. Magari variopinto, ma non banale. Soprattutto, con una spesa pubblica decrescente, sempre più essenziale nell’architettura sociale ed economica italiana.

Ad un anno e mezzo da allora, quella slide si sta riempiendo di contenuti. A farlo, è Vincenzo Manes, imprenditore e fondatore di Dynamo Camp, consulente di Renzi per il Terzo Settore. «Siamo al dunque – dice Manes – nella legge delega, che dovrebbe andare in discussione al Senato prima di Natale, si troverà una dote iniziale da 50 milioni di euro. Sono tanti, sono pochi? Intanto, costituiscono una base per procedere al successivo fundraising fra i privati. L’elemento finanziario è importante. Ma lo è ancora di più il nuovo modello che proponiamo». Nel disegno di Manes, ai 50 milioni di euro pubblici, ne vanno aggiunti altri 50 da fondazioni italiane ed estere e 50 ancora da privati. Secondo la road map più ottimistica, la legge delega dovrebbe poi tornare alla Camera dei Deputati prima dell’estate. Con i decreti attuativi, nella ipotesi più rapida il tutto dovrebbe diventare realtà prima dell’estate. Il modello è quello di una fondazione in partecipazione mista pubblico-privata – dotata di un nocciolo duro di soldi statali in grado ipoteticamente di attrarre fondi privati, con una gestione di stile privato e una supervisione pubblica – che possa contribuire alla razionalizzazione e alla modernizzazione di un settore che, nonostante la fioritura sperimentata negli ultimi quindici anni, resta frammentato e frammentario.

«Sotto il profilo finanziario e della capacità di spesa – racconta Manes – l’obiettivo è di raccogliere un miliardo di euro. L’ambizione è quella di convincere della bontà del progetto in primo luogo gli italiani: tutti quanti, non solo gli imprenditori che hanno già esperienze e attitudini filantropiche, ma anche i semplici cittadini convinti che il terzo settore possa rendere più sana la nostra società e la nostra economica. In secondo luogo, pensiamo che possano essere interessati ad investire in questo progetto le fondazioni ex bancarie. Soprattutto perché il nostro stile di intervento sarà complementare rispetto al loro».

Lo scenario finanziario esistente è articolato. Secondo l’Istat, le donazioni individuali sono pari a 4,8 miliardi di euro (ultimo dato disponibile al 2011). A queste vanno aggiunte quelle sempre individuali, ma effettuate attraverso la rete della Chiesa, per un valore di 2 miliardi di euro, quelle fatte dalle imprese (4,5 miliardi) più 1 miliardo di euro messo a disposizione dalle fondazioni ex bancarie. In tutto, oltre 12 miliardi di euro. Dunque, intercettando una quota di questa mole movimentata ogni anno sarebbe possibile disporre di molto, molto denaro.

Inoltre, attraverso l’Iri del Terzo Settore si potrebbero veicolare i fondi dell’Unione Europea che, nei progetti 2014-2020, sono destinati per il 20% alla coesione sociale. Il tema vero è però costituito dalla libertà con cui l’Iri del Terzo Settore potrà operare. Le fondazioni ex bancarie, che sono fra i maggiori protagonisti finanziari e strategici del comparto, sono sottoposte a due vincoli precisi: hanno limiti geografici e devono necessariamente procedere per bandi.

Il primo ha una origine storica: il territorio di ciascuna fondazione coincide con il radicamento storico della antica banca a cui un tempo era indissolubilmente legata. Con il secondo si garantisce la trasparenza e l’imparzialità delle scelte, anche se ogni richiesta di finanziamento è sotto il segno di una procedura per sua natura burocratizzata e burocratizzante. «La nuova realtà – chiarisce Manes – avrà la libertà di muoversi su tutto il territorio nazionale e lo farà senza la costrizione dei bandi. L’impatto sistemico sarà tutta un’altra cosa». Nella struttura operativa, l’Iri del Terzo Settore avrà un profilo semplice: un consiglio con un presidente di nomina pubblica, il cui candidato naturale pare essere Manes che ha elaborato il progetto, e una decina di investment officers, in grado di effettuare interventi su tutto il territorio nazionale.

«Il Terzo Settore italiano – evidenzia Manes – è articolato ed effervescente. Questo campo si è molto evoluto negli ultimi quindici anni. Tante professionalità sono state da esso assorbite e in esso si sono formate. Ma serve un salto dimensionale, che può essere rappresentato da questa nuova realtà». La sede della nuova fondazione in partecipazione sarà a Milano, che del Terzo Settore è la capitale italiana. In un simile meccanismo, diventa fondamentale la costruzione del consenso: «Come detto – spiega Manes – ci piacerebbe riuscire a coinvolgere anche da un punto di vista emotivo gli italiani in questo progetto. Sulla scorta dell’esempio anglosassone, l’idea è quella di creare una lista di Donors, di donatori, facendovi entrare tutti quelli che hanno contribuito con le loro risorse a costruire la base finanziaria e patrimoniale di questa fondazione».